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PROGRAMA:

Omaggio a Vedova (1960) [5']
Ricorda cosa ti hanno fatto in Auschwitz (1966) [11'15"]
Musiche per Manzù (1969) [17'16"]
Contrappunto dialettico alla mente (1968) [20']

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LUIGI NONO
(Venezia 1924-1990)

Allievo di Gian Francesco Malipiero al Conservatorio di Venezia, Luigi Nono approfondisce la sua preparazione con Bruno Maderna e Herman Scherchen. Dal 1950 al 1959 partecipa ai Ferienkursen di Darmstadt. Nascono in questo periodo le Variazioni Canoniche sulla serie dell’op. 41 di A. Schoenberg (1950), Epitaffio per Federico Garcia Lorca (1952-53), Incontri (1955). Già dalle prime composizioni seriali è evidente lo sforzo di non soggiacere alle tecniche e il rifiuto delle tendenze analitiche per riproporre in maniera originalissima la fondamentale unità del fenomeno sonoro. Nel 1956 Canto sospeso per soli, coro e orchestra, su testi tratti dalle lettere dei condannati a morte della resistenza europea, segna la prima grande affermazione internazionale di Nono. Con la fine degli anni ’50 matura il distacco dalla Nuova Musica e si accentuano l’impegno politico (Diario polacco, 1958) e lo studio delle possibilità offerte dall’elettronica, operando presso lo Studio di Fonologia Musicale della Rai di Milano: Omaggio a Vedova (1960), Ricorda cosa ti hanno fatto in Auschwitz (1966), A floresta è jovem e chejia de vida (1966). Con l’uso sempre più sensibile degli strumenti elettronici matura anche un’aspirazione verso spazi acustici e teatrali diversi che rompano gli schemi tradizionali dell’ascolto: prima grande sintesi di queste esperienze è l’azione scenica Al gran sole carico d’amore (1972-78).

Dall’autunno 1980 inizia le ricerche e gli studi sul live electronics all’Experimentalstudio di Friburgo. Tra le opere decisive di questi anni figurano Das atmende Klarsein (1981), Quando stanno morendo, Diario polacco n. 2 (1982), il ciclo dei Caminates (1986-89) e, naturalmente, l’opera Prometeo, tragedia dell’ascolto (1984). In questi anni di intense ricerche Nono sintetizza un’idea del suono che è riassunta nello slogan di “filosofia del possibile”, ove il suono, sottratto alle ipoteche delle forme precostituite genera continue aperture, diviene simbolo di ciò che Nono definisce come gli infiniti possibili, sia riguardo gli itinerari formali, sia ai luoghi fisici per l’esecuzione e a fattori tecnici.

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Omaggio a Emilio Vedova (1960)
Luigi Nono

E’ il mio primo studio-realizzazione elettronico. Il materiale iniziale è basato su diversi gruppi di frequenze sinusoidali e aleatorie, tra cui è intenzionalmente evitato il rapporto armonico, della scala naturale, anche per ottenere una caratteristica timbrica differenziata dalla materia della musica strumentale.

I gruppi iniziali vengono elaborati, trasformati, permutati successivamente con vari procedimenti tecnici, originando tutto il materiale per questo studio. Questo materiale, scelto per una intuizione di espressione istintiva, contiene in sé una forza di provocazione compositiva. Concezione musicale e sollecitazione del materiale risultano in uno stato di continua osmosi. E l’improvvisazione istintiva si completa con la logica compositiva nello strutturare l’elemento materico, non più fine a se stesso.
In questa posizione di principio, e non in una impossibile traduzione – o peggio, descrizione – sonora, v’è il motivo del titolo di questo studio, dedicato al mio amico Emilio Vedova.

Luigi Nono

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Ricorda cosa ti hanno fatto in Auschwitz, (1966)

Luigi Nono

Con mezzi puramente musicali, vale a dire privi di suggestione semantica della parola cantata, Nono, ricerca e ottiene una carica espressiva e comunicativa estrema, di stravolgente denuncia. Erwin Piscator si era rivolto a lui per le musiche necessarie all'allestimento del lavoro teatrale di Peter Weiss, un atto di accusa contro i crimini nazisti: erano cosi' nati dei cori che cercavano di interpretare autonomamente, come "formanti" della rappresentazione e non orpelli ausiliari o ambientazioni acustiche esterne all'azione, il senso della terribile tragedia umana di Auschwitz. Nel 1966, dai cori composti per Piscator e Weiss, Nono ricava ulteriore materiale elaborato presso lo Studio di Fonologia Musicale della Rai di Milano e portava a compimento un'opera totalmente indipendente dalla scena: Ricorda cosa ti hanno fatto in Auschwitz. I materiali acustici registrati su nastro magnetico sono, come al solito in Nono, assai vari: suoni e fonemi della soprano polacca Stefania Woytowitz, voci di bambini, materiali corali-strumentali e prodotti sinteticamente nello studio elettronico. Si attua un momento di saldatura tra momento della ricerca tecnica, della sperimentazione di nuovi mezzi di elaborazione, e vocazione comunicativa. Proprio in virtù dell’assunzione di procedimenti nuovissimi, fuori dalle pastoie di modalità compositive e percettive logorate, i "cori" di Auschwitz si caricano di una potente forza di evocazione. Le voci, spesso operanti in registri acutissimi, si spingono fino ai limiti di quella zona espressiva in cui cade la necessità della parola cantata, e dove l'ascoltatore è violentemente immesso in una dimensione angosciosa che da sola giunge al cuore della sostanza contenutistica.

Armando Gentilucci

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Musiche per Manzù
Per nastro magnetico (1969)
Luigi Nono

Tra Non consumiamo Marx (1969) e Y entonces comprendiò (1969-70) si colloca Musiche per Manzù (1969), ancora un lavoro elettroacustico di Luigi Nono realizzato presso lo Studio di Fonologia Musicale della Rai di Milano con l’assistenza tecnica di Marino Zuccheri. Non è certamente tra le cose più celebri di questo decennio noniano, ma sarebbe tuttavia errato sottovalutarne il significato e l’importanza.
La composizione della durata di 17 minuti, scritta in onore di uno dei più grandi scultori italiani contemporanei, è tratta dalla colonna sonora del film Pace e Guerra, che fu commissionata a Nono dalla “Raccolta Amici di Manzù” nel 1969. Anche con Manzù, che svolse un ruolo importante nell’opposizione al fascismo, Nono stabilì un forte legame personale.
L’omaggio allo scultore sembra stimolare Nono verso una ricerca sulla e nella “materia”, sulle proprietà specifiche degli insiemi sonori. Intendiamoci, nessuna colata lavica, nessuna massività: trasparenza e densità fanno qui tutt’uno. Le linee sonore dell’intreccio, che ad esempio in Un volto, del mare si potevano talora facilmente cogliere perfino nella loro singolarità (e non solo nella voce!), qui sono ricomprese in un tessuto più compatto materialmente eppure più rarefatto seppure spesso assottigliato nelle bande di frequenza e come risucchiato verso un lontano, plumbeo cielo acustico.
Ma ciò che rende interessante Musiche per Manzù è il continuo viaggiare, coerente eppure errabondo del suono nel tempo. Per molti aspetti, si tratta di un lavoro che anticipa non poco del successivo corso noniano: quel lungo corso che, tappa dopo tappa, lo condurrà a Prometeo. Lo “spazio”, va da sé, è qui ancora soltanto alluso, riguarda il suono in una prospettiva ancora limitatamente pluridimensionale come tutto ciò che precede le ricerche del live electronics: frutto piuttosto di una sorta di illusionismo temporale e di spazialismo, diciamo così, “classico” (pensiamo a Malher). La simmetria ritmica legata al tactus, da sempre marginale e sempre almeno tendenzialmente negata in Nono, è qui del tutto assente. Nessun segnale particolarmente ”forte” (non foss’altro come mera emergenza gestuale) appare in Musiche per Manzù. I diversi “momenti” vengono accostati, l’uno nasce, anzi “sorge” dall’altro come assonanza, derivazione, coloratura diversa e complementare; solo limitatissimamente come “contrasto”. Rispetto ai precedenti pezzi più famosi degli anni ’60 di Nono, decade ogni sensazione di inesorabilità accumulativa e, diciamo così, “drammatica” di spirale, di classico “divenire”. La trama sonora nasce, si protrae fin dove la sottile tensione timbrica indica, e poi sfuma: una lieve intercapedine di silenzio o la “neutralità” di un murmure sonoro sommesso prelude alla ripresa di un altro “momento”, in rapporto stretto con il precedente, eppure diverso e in un certo senso autonomo.
E’ infatti nel modo di attacco del suono all’inizio di ciascuna zona, o momento (sempre “dal nulla”), che si chiarisce il senso di questo per me tutt’altro che secondario lavoro: l’essere cioè nel suono sorgivo e non di fronte ad esso, viverlo come apparizione fuori d’ogni predeterminata “storia”, continuo mistero e stupore. La “forma” diviene così la somma, non meccanica e non geometrica, degli accadimenti coerenti e tuttavia diversi.
Perciò l’accostamento dei comprensibili, direbbe oggi Nono, e l’eventualità liminare dell’opera in quanto fenomeno alla fin fine chiuso ma per semplice scelta “sul campo” di un limite processuale, mi pare sia già largamente presente in Musiche per Manzù, del già lontano 1969.

Armando Gentilucci

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Contrappunto dialettico alla mente, 1968
Luigi Nono


Contrappunto dialettico alla mente è una composizione elettroacustica su nastro, del 1968, nella quale Luigi Nono prende come riferimento la commedia madrigalesca I1 festino nella sera del giovedì grasso avanti cena di Adriano Banchieri (1608); Nono riporta nell'attualità contemporanea alcuni dei caratteri che contraddistinguono il procedimento stilistico musicale adottato da Banchieri: in particolare nell'utilizzo della voce, portata a costruire differenti climi musicali da quello prettamente umoristico a quello lirico e drammatico, secondo una prassi dell'epoca che Banchieri aveva particolarmente affinato, vale a dire di un contrappunto estemporaneo e improvvisato su un basso dato, e l'utilizzazione di una onomatopea che fa riferimento al mondo degli animali e definito nello stile seicentesco "contrappunto bestiale alla mente".
II titolo del pezzo noniano è quindi una variante di quello di Banchieri.. Un pretesto intellettuale per interallacciarsi non certo ai temi trattati da Banchieri, quanto all'utilizzo critico e sottile con cui i1 compositore seicentesco seppe intervenire, con lo strumento dell’ironia in particolare, nella realtà a lui contemporanea. Nono, ne dilata lo spazio critico e lo rende attuale. Analogamente alla commedia madrigalesca la struttura è divisa in quattro episodi, ciascuno dei quali fa riferimento a un tema ben preciso, e quindi a un materiale e a un uso vocale elettroacustico ben preciso, con strutture che definiscono una diversa densità contrappuntisitica. 11 primo episodio utilizza materiali ricavati da una poesia di Sonia Sànchez sull'assassinio di Malcom X. Da questo si passa a un episodio sonoro "ambientale" basato su registrazioni sonore prese nelle calli veneziani e nel mercato. Nei successivi, in cui Nono fa riferimento a testi di Nanni Balestrini, predomina un rapporto di estraneazione e di sottolineatura dinamica della parola, fino a costruire una tessitura attorno alla parola "distruggere". In particolare, nel terzo episodio, Nono gioca ironicamente con il titolo del pezzo, recitato da una voce femminile, sottoposta a elaborazioni elettroniche estreme, fino a una sorta di cinguettio.
Nel quarto e ultimo, molti dei materiali precedenti vengono riproposti, e maggiormente intrecciati ai suoni elettronici, ma l'episodio si focalizza su un testo, esplicitamente comprensibile, tratto dallo scritto di un volantino contro la guerra del Vietnam. L’opera è dedicata a Douglas Bravo, capo del Fronte di Liberazione Nazionale del Venezuela.

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Biografia di Alvise Vidolin


Regista del suono, pioniere della musica informatica, interprete di Live Electronics, Alvise Vidolin nasce a Padova nel 1949 dove compie studi scientifici e musicali.

Ha curato la realizzazione elettronica e la regia del suono di molte opere musicali collaborando con diversi compositori fra cui Claudio Ambrosini, Giorgio Battistelli, Luciano Berio, Aldo Clementi, Wolfango Dalla Vecchia, Franco Donatoni, Adriano Guarnieri, Luigi Nono, Salvatore Sciarrino, curandone l'esecuzione in festival e teatri internazionali. Fra questi, la Biennale di Venezia, CCOT Festival a Taipei, Donaueschinger Musikstage, Festival d’Automne a Parigi, Festival delle Nazioni di Città di Castello, IRCAM di Parigi, Maggio Musicale Fiorentino, Milano Musica, Münchener Biennale, Musik-biennale Berlino, Salzburger Festspiele, Settembre Musica Torino, Wien Modern; i teatri Alla Scala di Milano, Almeida di Londra, Alten Oper di Francoforte, Comunale di Bologna, Dell’Opera di Roma, Opera Bastille di Parigi, Opéra National du Rhin di Strasburgo, Staatstheater di Stoccarda, Theatre National de Chaillot a Parigi.

Collabora dal 1974 con il Centro di Sonologia Computazionale (CSC) dell'Università di Padova partecipando alla sua fondazione, svolgendo attività didattica e di ricerca nel campo della musica informatica ed è tuttora membro del direttivo.

Co-fondatore della Associazione di Informatica Musicale Italiana (AIMI) ne ha assunto la presidenza nel triennio 1988-1990. Dal 1977 ha collaborato in varie occasioni con la Biennale di Venezia soprattutto in veste di responsabile del Laboratorio permanente per l'Informatica Musicale della Biennale (LIMB). Dal 1992 al 1998 ha collaborato con il Centro Tempo Reale di Firenze come responsabile della produzione musicale. E' inoltre membro del comitato scientifico dell'Archivio Luigi Nono.
Ha pubblicato lavori di carattere scientifico e divulgativo, e tenuto numerose conferenze sui rapporti fra musica e tecnologia. Svolge inoltre attività di ricerca scientifica studiando le potenzialità compositive ed esecutive offerte dai mezzi informatici in tempo reale e dai sistemi multimediali. E' docente di Musica Elettronica presso il Conservatorio "B. Marcello" di Venezia e di Musica Elettronica e Informatica presso l’Accademia Internazionale della Musica delle Scuole Civiche di Milano.

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